Massimo Vitali è stato nostro complice durante il PLAGIO del 14 ottobre 2011.

Questo è il racconto improvvisato e scritto per noi partendo dagli spunti suggeriti dal pubblico:

  • Distruggere la fantasia altrui
  • Diverso punto di vista sulla vita
  • Un personaggio fisicamente disordinato
  • Il concetto di falsa popolarità
  • Tramandare la memoria
  • Amore reciproco fra due creature diverse

Buona lettura!!

Il signor Lucantonii aveva delle idee ben precise a proposito. Non erano fantasie. Erano proprio certezze. L’avrebbe fatta finita: avrebbe iniziato a vederci chiaro.

Il signor Lucantonii era un uomo di mezza età, mezzo sordo ma soprattutto mezzo cieco. Da un occhio ci vedeva a metà, dall’altro neanche quella.
Quest’oscura caratteristica gli aveva provocato nel tempo degli squilibri di percezione della realtà che lui compensava con la sua fantasia. Andava a fare la spesa ma pensava di andare in posta. Andava in posta e sapeva di essere in posta però cercava di fare la spesa. Faceva la fila sui viali per dei lavori all’altezza di porta San Vitale e non aveva nemmeno la macchina.
Questa serie di sfortunate circostanze protratte per tanti anni lo portarono ben presto a prendere la sua decisione. Basta prendere buste della posta per buste della coop, basta scambiare due chiacchiere dietro il bancone del bar con davanti solo il bancone. Basta fantasie: era ora di spalancare gli occhi sulla realtà.
La realtà era che il signor Lucantonii si prenotò con la mutua in dicembre, e come la mutua insegna gli diedero appuntamento per lo stesso mese, però di sedici anni dopo.
Non si perse d’animo ma insieme alla figlia presero la via dell’ospedale, facendo la fila sui viali per via dei lavori in corso che dopo sedici anni erano ancora in corso, e partiti di buon mattino arrivarono all’ospedale solo con la barba di qualche giorno. Sia il padre, che la figlia. La figlia, Margherita, non aveva mai brillato per bellezza e intelligenza, e proprio grazie a queste importanti caratteristiche aveva scelto di rimanere zitella. Il padre, peraltro, per via del suo problema, era all’oscuro di tutto. Non la vedeva più da almeno quindici anni.
Visto che questo è un racconto breve scritto in tempo ancora più breve, una volta parcheggiata la macchina capirono subito quale dei cinquantasei settori e diciannove piani era il reparto che li aspettava, e arrivarono nella sala d’aspetto dove fecero accomodare il signor Lucantonii su una sedia, in cui aspettò pazientemente il suo turno come dal salumiere.
Di fianco al signor Lucantonii , sguardo perso in avanti a fissare il vuoto, in quei tipici giochi del vedo non vedo, c’era un uomo che anche lui non vedeva niente, però agli occhi del signor Lucantonii appariva un tantino fisicamente disordinato.
Non capiva se il naso così grande di quell’uomo era proprio il suo, oppure era solo il riflesso allungato della sua gobba proiettata sul muro. Specialmente però, si chiedeva se quel disordine fisico poteva essere anche il suo, dato che vista la paura dell’intervento, iniziava a farsela come si suol dire addosso.
Ormai era passato così tanto tempo da quando era un uomo di mezza età che ora quell’intervento per lui poteva essere l’ultimo. Già pensava a cosa poteva avere tramandato in tutti quegli anni alla figlia. Di certo la sua bellezza. La sua intelligenza. Cercò uno sguardo di conforto nella figlia e trovò il comodino. Le parlò. Il comodino non rispose. Dov’era sua figlia?
La figlia del signor Lucantonii era esattamente di fronte al suo babbo, solo che era fissa davanti alla parete di fianco a lui dove c’’era un manifesto che diceva che un controllo periodico della vista poteva avere effetti benefici sulla vista.
A pubblicizzarlo, stampato sulla locandina, con un paio di occhiali calati sul naso, con un camice bianco così bianco che pareva un angelo, c’era un medico sorridente, a braccia conserte che la osservava. Lei osservava il medico. Tutti e due ci vedevano bene. Lui le parlò.
“Signorina Lucantonii”
“Signor medico”
Già si conoscevano per nome. Già lei vedeva i loro nomi affiancati sul campanello.
MEDICO SORRIDENTE
FIGLIA DI LUCANTONII
 

“Già si conoscevano per nome.
Già lei vedeva i loro nomi affiancati sul campanello.”

Avrebbe passato la vita con lui. Ne era certa. Si sarebbero sposati. Sarebbero andati a casa sua con suo babbo. E se il medico sorridente non avesse voluto cambiare casa, avrebbero vissuto nel suo manifesto. Che problema c’era?

Certo, sbattuti lì nel manifesto in una sala d’aspetto sarebbero stati sotto gli occhi di tutti, ma d’altronde cosa poteva essere un po’ di popolarità? Per di più una falsa popolarità: il manifesto era nella sala d’aspetto dei “ciecati”, non li avrebbe visti nessuno.
“Scusi, lei è la signorina Lucantonii?” La destò improvviso un medico di corsia
“Si?”
“Hanno dimesso suo padre.”
“Di già?”
“Questo è un racconto breve, scritto in poco tempo. Mi segua.”
La ragazza seguì il medico e si accarezzò la barba ispida. Niente male nemmeno questo, pensò. E poi: forse dovrei farmi la barba.
Arrivò davanti a suo padre. Il signor Lucantonii era dritto di fronte a lei, non stava guardando il termosifone, non stava guardando le tende, stava guardando negli occhi proprio sua figlia.
“Margherita”
“Papà”
“Stavo scrivendo questo finale quando mi hanno chiamato sul palco e ho perso tutto quello che stavo pensando.”
“Fa lo stesso papà. Dimmi quello che ti viene, come ti viene.”
“Margherita ho aperto gli occhi. Finalmente ci vedo. Ti vedo. Vedo tutto. Vedo il palco, vedo i Luca, gli Antonii, il pubblico, e vedo anche il signor Alemanni. Posso dirti una cosa?”
“Dimmi papà.”
“Preferivo la mia fantasia”