Gianluigi Schiavon è stato nostro complice durante il PLAGIO dell’ 8 febbraio 2013.

Questo è il racconto improvvisato e scritto per noi partendo dagli spunti suggeriti dal pubblico:

  • Fuga dal reale
  • Infiltrato
  • Segno distintivo
  • Goffe vertigini della ricchezza
  • Un ragazzo inglese a Bologna
  • Immagini e riflessioni

Buona lettura!!

George era disperato. Chi gliel’aveva fatto fare? Nessun altro al mondo sarebbe stato così stupido da sperare in un incontro proprio lì, in quei giorni, in quel caos. Lui sì. Amava le sfide. Venezia intorno a lui si ubriacava di maschere e balli sfrenati, ingoiava nuvole  di coriandoli, rifletteva il suo trucco sfatto nell’acqua putrida dei canali.

No, non l’avrebbe mai  trovata in quel casino. Testardo, il vecchio George: più l’idea appariva stupida e irrealizzabile, più lui si lanciava nell’impresa. Un’altra sfida, forse l’ultima. Tutto  era cominciato nella sua Londra. L’aveva vista passare, in Oxford Street: alta, bionda, un maglione lungo sulle gambe scoperte ben oltre il ginocchio, un lampo azzurro negli occhi, le labbra morbide e vermiglie, più invitanti di un bacio. L’aveva pedinata, George, seguendola per le stradine di Soho, lungo i viali di Hyde Park, tra le bancarelle di Portobello.
Non aveva avuto il coraggio di fermarla. Fin da subito si era accontentato di essere solo un infiltrato nella sua vita, un’ombra importuna. Lei non si era accorta di nulla. Nemmeno di essere ascoltata, quando entrò in una cabina e chiamò la sua amica in Italia. George, il maleducato, si era nascosto dietro un taxi. Continuando a spiarla.
“Sì, d’accordo _ stava dicendo lei _ , allora vengo a Venezia. Non ne posso più di questa vita. Mia madre e i suoi gioielli, i soldi di mio padre, e io tra loro, come un’estranea”.
“D’accordo Audrey _ rispose la voce all’altro capo del telefono e dell’Europa _ Ma fai attenzione. Ricordi quel romanzo? ‘Le goffe vertigini della ricchezza’. Ti prego, stai attenta. O ti perderai per sempre”.

“La vita non è così, nella vita le sfide si perdono. “

George non aveva capito un accidente. Ma una cosa sì, ora la sapeva per certo: cosa avrebbe fatto.
La ragazza montò al volo sul taxi dietro il quale George si nascondeva. Non lo vide. O almeno così sembrò.
“Aeroporto di Gatwick”, ordinò all’autista. E sparì nel traffico.
Ora il giovane George ripensava a quegli ultimi istanti a Londra, mentre una bambina travestita da Alice nel Paese delle Meraviglie gli spargeva una schiuma bianca e puzzolente sulla punta delle scarpe. Piazza San Marco era un incubo multicolore. Che idea del cazzo, disse a voce alta. La bambina lo guardò  con aria di rimprovero. E quella che doveva sicuramente essere sua madre, la strappò via da quell’uomo straniero e volgare, urlandogli contro qualcosa che non capì.

Che idea del cazzo, ripeté George, ma a voce più bassa. Partire da Londra, volo per Bologna, poi in treno fin qui, tutto per inseguire una sconosciuta, che non troverò mai.
“Fuga dal reale” fu l’espressione che trovò più adatta per descrivere il pasticcio in cui in cui si era cacciato. No, pensò, questa non la troverò mai in un romanzo. La vita non è così, nella vita le sfide si perdono. Solo nel racconto di uno scrittore pazzo una storia così potrebbe avere un lieto fine.
George era disperato. In cima a un ponte fissava l’acqua immobile del canale. Indeciso sul da farsi. Fu un’immagine improvvisa che gli impedì di fare ciò di cui non avrebbe avuto più il tempo per pentirsi.
Un’immagine riflessa nell’acqua del canale: il viso di una ragazza bionda, alta, morbide labbra, vermiglie, un lampo azzurro negli occhi. Lei disse solo:

“Ciao, mi chiamo Audrey. Ti aspettavo”.