Marilù Oliva è stata nostra complice durante il PLAGIO del 27 aprile 2012.

Questo è il racconto improvvisato e scritto per noi partendo dagli spunti suggeriti dal pubblico:

  • Un ricordo di famiglia
  • Un ristorante arabo
  • Una scelta oculata
  • Il fantasma rivelatore di una bambina
  • Ne ho sentito parlare tanto tempo fa
  • Una anziana bigotta

Buona lettura!!

Il ristorante arabo è gestito da una signora anziana bigotta. Bolognese, avrà settant’anni portati bene, si chiama Romilda, non ha figli né marito, si dichiara intoccata ma alla notte, quando chiude il locale, si intrattiene col giovane cuoco.
Definirla semplicemente bigotta sarebbe un’offesa alla sua ipocrisia. Lei è la regina delle bigotte. Da brivido. Va in chiesa ogni mattina, ma non ascolta il sermone: le interessa la presenza, le interessa che il prete la veda. Vuole che i camerieri del suo ristorante siano arabi così i clienti si sentono più calati nell’ambiente, ma pretende la conversione. Poi non le interessa se ogni giorno si inchinano alla Mecca, l’importante è che sulla carta risultino battezzati. Non voleva nemmeno sporcarsi le mani con un ristorante di un’altra cultura, ma alla fine gli affari sono andati alla grande e quella si è rivelata una scelta oculata. Il locale le apparteneva – tutto il palazzo è suo – si è trattato solo di ristrutturarlo e adeguarlo. Ma la cucina araba tira, soprattutto in questo quartiere.
Ada e Bianca sono le uniche due ragazze italiane, la prima lavora alla cassa dall’apertura del Ristorante, l’altra serve al bar da due settimane. Non parlano molto tra loro e fino a oggi non hanno mai toccato certi discorsi. Perché se la signora Romilda li sentisse, quei discorsi, si infurierebbe. Così almeno credono.
Però Bianca stanotte è più audace e, poco prima della chiusura, quando i clienti si sono già diradati, si avvicina alla cassa e parla a Ada:
–  Hai mai sentito parlare del fantasma rivelatore di una bambina?
–  Ne ho sentito parlare tanto, tanto tempo fa.
–  E che cosa ti hanno detto?
–  Ho sentito che c’è un fantasma che si sente molto solo.
–  Lo sai perché?
Ada scuote la testa, l’altra prosegue:
–  Perché i bambini vogliono compagnia, soprattutto se non sono più materia, ma solo spirito. Ma dimmi, cosa hai sentito in particolare?
–  Ho sentito che la bimba aveva una sorella gelosa…
–  Giusto. Era così gelosa che l’ha murata viva. Sarà successo più di mezzo secolo fa. Vieni giù, c’è un ricordo di famiglia.
–  Quale famiglia?
–  Che ne so? Non conosco tutta la storia di questi muri.
Bianca conduce Ada in uno sgabuzzino, l’ultimo buco alla fine delle scale, oltre il bagno di servizio, il ripostiglio e il magazzino in fondo. Apre la porta e ne esce polvere e puzza di muffa.  Quello è l’angolo più buio, là la luce è impercettibile e resiste grazie a una piccolissima lampadina. Bianca rovista su una scansia ed estrae una fotografia in seppia. Nella foto è ritratta una bambina, avrà avuto dodici anni, lunghi capelli rossi, ondulati come se avesse appena sciolto mille treccine. Ha gli occhi verdi e tristi di chi presagisce una disgrazia. e’ una foto di famiglia, di fianco a lei i genitori, sullo sfondo una casa di campagna con le finestre spalancate.

“Nella foto è ritratta una bambina, avrà avuto dodici anni, lunghi capelli rossi, ondulati come se avesse appena sciolto mille treccine. “

–  Bianca, torniamo su, se ci becca la signora Romilda è un guaio!
–  Non le serviamo ora, ci sono rimasti solo due clienti e sono ancora al primo piatto. Crederà che siamo scese in magazzino. E poi magari è andata in cucina a fare le moine al suo cuoco.
–  Ti prego, torniamo su.
–  Ma.. hai paura? Non vuoi sapere cosa è successo alla bimba?
–  Sì che voglio saperlo, ma non qui.
–  Ascoltami – insiste Bianca e la trattiene per una manica, mentre indica la foto  – Questa bimba aveva qualcosa di molto prezioso. Era era dolcissima. Un incanto. Tutti le sorridevano. La sorella maggiore era più grande di parecchi anni, forse dieci. Era così gelosa di lei, delle attenzioni che riceveva dalla madre e dal padre e da tutti che la uccise.
–  E il fantasma? Chiede Ada con un gesto di stizza
–  Il fantasma non si sente, intendo… non si ode, con le orecchie, però si sente… prova a guardarti attorno, prova a sentirlo, appunto
–  No, torniamo su, chiede Ada, lisciandosi la pelle d’oca sulle braccia.
–  No, cara, su ci torno io.

Bianca fa un passo indietro, con un gesto repentino sbarra il passaggio alla ragazza e la chiude dentro.
Ada urla, batte i pugni contro la porta, scalcia, si dispera.
Quando finalmente si calma, si appoggia sconsolata alla parete.
La luce fioca le permette di buttare ancora l’occhio sulla vecchia foto, ora guarda meglio, concede più attenzione ai dettagli.
E distingue un particolare che prima le era sfuggito. Nel ricordo di famiglia, il dagherrotipo in seppia, nella casa sullo sfondo, ci sono quattro finestre aperte. In penombra, come se stesse per affacciarsi al davanzale, la sorella della bimba uccisa guarda fuori. Un colpo al cuore, per Ada. Perché quella figura assomiglia tantissimo alla signora Romilda, la signora anziana più bigotta del mondo.
Ora Ada tace, non ha più senso urlare, nessuno la sentirà.
Ada ha capito che fine farà, proprio lì dentro.
Farà in eterno compagnia al fantasma della bambina.